Cefalonia 1943
Di me, di noi è rimasta un’impronta d’amore sulla spiaggia
battuta dal sole, è rimasta una musica lieve,
un canto sommesso di giovani arditi, un coro libero
volato oltre il filo spinato tra il silenzio di rocce sontuose.
Ho scritto parole d’affetto su fogli sgualciti
per un cuore lontano, ho scritto pensieri d’angoscia
tra le crepe dei monti dove frusciavano candidi sogni,
che finivano a frotte, al tepore del sole.
Ho pianto, abbiamo pianto la nostra giovinezza,
i nostri vent’anni nel buio delle notti solitarie,
in riva al mare rannicchiati come bimbi nel grembo della madre.
Ho gridato parole di libertà tra ruscelli e torrenti,
quando la primavera odorava di viole ed ho riso e gioito
nelle sere di tregua quando le onde del mare, bianche
e schiumose, giocavano allegre sotto un cielo di fuoco.
Nel mio giaciglio spalancato al vento, mi afferrava
un segreto sgomento per la prigionia imminente
e con l’animo inquieto i miei occhi correvano
sul mare di luce, libero verso l’orizzonte celato.
Così, con affanno crescente, ascoltavo la fuga del tempo
nel dondolio di onde suadenti, mentre lontano ruggiva una nave.
Quanti passi senza sorrisi, tra sentieri di sassi, sui monti
e lungo i pendii scoscesi, affamato e lacero, senza illusioni,
ho lottato con coraggio tra le ingiurie del nemico
che oltraggiava con disprezzo la mia dignità.
Sono caduto su dune di conchiglie, tra violaciocche e gigli di mare
ed ho scritto con ardore un pensiero alla mamma in attesa sulla soglia.
Il mio nome è Francesco ed ho combattuto per la libertà.
Il mio nome è scritto nel cuore di chi mi ricorderà.
Carmelina Giancola Bojano (CB) 3 classificata sulla Libertà
Nel chiaro dei tuoi occhi misto nebbia
Due stracci, ed i tuoi occhi, grigio chiaro misto nebbia
hanno fatto dei miei passi un ritorno:
“Non hai nessuno nella vita”?
La tua risposta impercettibile, quasi assente,
un figlio chissà dove, ormai lontano,
ed il tuo sguardo mite di tramonto avanzato.
Una vetrina come riparo,
due cartoni piegati per il freddo,
fumi l’aria per il gelo e mi racconti di te
mentre i tuoi occhi pieni di pioggia si dischiudono,
come corolle appena sbocciate di rugiada.
Cinque euro, che sono cinque euro.
La tua gratitudine con la testa china,
le tue mani di geloni che tremano alla tua voce,
può un estraneo capirti la vita
senza sapere niente di te?
Ti porto via,
un letto pulito, una minestra calda,
ma poi, chi può giudicare
cosa è negoziabile con la libertà?
In quella scatola di cartone davanti a te,
messa a riparo dal mondo, io l’ho vista,
e non c’è stato niente di più bello
del calore delle tue piccole mani sulle mie.
Paola Carmignani di Altopascio (LU) 2 classificata assoluta
Tila di ragnu
Nu cantu d’arcegli gliuma u jornu
e nu hjuhhju i sciroccu t’accarizza,
penzi a sta terra beglia e sfurtunata,
undi l’anima è pigghjàta p’a capizza.
Ammenz’a vigna di racina nira,
nudu i ventu u silenziu addimùra,
pur’i petri rihjàtanu a mmucciùni,
testimon’i ricordi ormai addurmùti.
Valuri antichi c’ancora resìstunu,
edera marcia c’o muru s’appìccica,
tila di ragnu ca i paura si gurda
mentr’u chjumbu l’arcegli scrapìja.
Non dassavanu mancu pemmu parli,
stavi ccìttu mentr’u cori rumbuliàva,
viaggiavi sulamenti c’u penzèru
e nte fermàti puru l’occhj chjudìvi.
Vita stutàta c’a paura cundùta,
ca comu na hjumàra t’allagava,
eri nu hjur’i campu c’appassìa
mentri cadìvi sutt’o focu da lupara.
Nta glia terra ca i raggi schjumìja,
na rosa russa luccica nto pratu
nsemi a farfagli curiusi di vita
c’a zagara cerca pemmu sturdi.
A malerba però non vol’u mori
e a storia si ripeti semp’uguali,
a libertà esti n’aquila senz’ali
e l’orbu c’u mutu s’arripìcchja.
Tela di ragno
Un canto di uccelli illumina il giorno
e un soffio di scirocco ti accarezza,
pensi a questa terra bella, ma sfortunata,
dove l’anima è presa per la cavezza.
In mezzo alla vigna d’uva nera,
nudo di vento il silenzio si attarda,
pure le pietre respirano di nascosto,
testimoni di ricordi ormai assopiti.
Valori antichi che ancora resistono,
edera marcia che al muro s’appiccica,
tela di ragno che di paura si sazia
mentre il piombo gli uccelli sparpaglia.
Non permettevano nemmeno che parlassi,
stavi zitto mentre il cuore palpitava,
viaggiavi solamente col pensiero
e nelle fermate pure gli occhi chiudevi.
Vita spenta con la paura condita,
che come una fiumara t’inondava,
eri un fiore di campo che appassiva
mentre cadevi sotto il fuoco di lupara.
In quella terra che di raggi spumeggia,
una rosa rossa brilla sul prato
assieme a farfalle curiose di vita
che la zagara cerca d’inebriare.
La malerba però non vuol morire
e la storia si ripete sempre uguale,
la libertà è un’aquila senza ali
e il cieco col muto s’accartoccia.
Gaetano Catalani Ardore Marina (RC) 1° Classificata sulla Libertà 2 assoluta e 1 dialetto.
Sotto il cielo di Aleppo
E’ sera, ma l’eco delle bombe non si placa,
è come un vento che piano s’avvicina
e sibilando come una serpe ti travolge.
Bagliori di esplosioni ingannano l’aurora,
ma è notte fonda e non si apre ai sogni,
soltanto agli incubi e all’ombra di un randagio.
Voci angosciose oltre il fumo e gli spari,
vite sospese come lumini si accendono,
poi lente si spengono sotto gli occhi di Dio.
Nel vortice di un sogno ti ho visto, Omran,
ho visto i tuoi occhi riflettere il mio cuore,
ho sentito la tua voce gridare muta al vento
sotto una pioggia di lacrime di stelle.
Sembravi un tenero virgulto che s’inerpica,
un mendicante di sorrisi e carezze,
un grumo di sogni in balìa delle granate
che scopre il sole sul fuoco dei copertoni.
Dietro la casa cresce un albero d’ulivo,
sembra un fantasma di legno senza foglie,
ci vive un passero che non vedrà più il sole,
incapace di squarciare fumo e polvere.
Su quelle strade imbrattate di sangue
per una guerra che non avrà mai pace,
come può un bambino scorgere la luce
se il freddo della morte è una chimera?
Come vorrei che gli urli delle loro paure
fossero scintille per le nostre coscienze,
forse potremmo pure consolarci
sapendo che non sono morti invano.
Gaetano Catalani Ardore Marina (RC).
1° Classificata Assoluta, 2 classificata sulla Libertà.